I mustazzoli siciliani

C'è solo una differenza tra una lunga vita e una buona cena: nella cena i dolci vengono per ultimi. (Robert Louis Balfour Stevenson)

                    

Citati da Teocrito fra il IV e il III secolo a.C. e da Catone il Censore (nel "De Agricoltura") nel secolo successivo, i mustazzoli rappresentano un must della pasticceria siciliana. Di origini incerte (si discute se derivino dalla tradizione romana o da quella magnogreca), i mustazzoli rappresentano ancora oggi un'abitudine: vengono tuttora cucinati durante le ricorrenze e le feste sacre in rispetto delle antiche tradizioni. Potevano essere presentati in più forme a seconda della tradizione: a forma di uccello e di pesce per i cristiani; di donna o di serpente per la tradizione pagana. Ancora oggi tra Puglia, Sicilia, Calabria, Sardegna, Lazio, Campania e Lombardia vi è una guerra per la paternità dei mustazzoli.

Farina, zucchero, mandorle, limone, cannella, miele e vino cotto costituiscono le fondamenta di questo bijou siciliano. Il termine mustazzoli deriva dalla lingua latina: non dal latino mustum ("mosto") come si pensò originariamente, ma da "mustace" ("alloro"). Il mustaceum era una focaccia che si preparava per le nozze a base di museo d'uva avvolta in foglie di mustace (alloro) che dava aroma durante la cottura. I mustazzoli sono noti anche come mustaccioli, zozzi, castagnette, bisquetti,  pisquetti.


                                         

Anche in questo caso, sono molte le varianti: c'è chi le prepara con il caffè, chi con il cioccolato fondente, chi le guarnisce con la glassa (da qui il termine "zozzo") e chi, invece, con il sesamo. Insomma, come diceva Italo Calvino "La fantasia è un posto dove ci piove dentro".






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